Abbiamo chiesto a Roberto Marai di commentare gli ultimi provvedimenti del governo: le nuove misure restrittive anticontagio e i ristori
E’ di questi giorni un nuovo Dpcm con il quale il Governo ha disposto nuove severe misure per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19. Tra queste, alcune toccano anche il settore del gaming, con la chiusura
fino al 24 novembre, di sale giochi, sale slot, bingo e sale scommesse, oltre che casinò. Quale è il suo pensiero a riguardo?
“Fermo restando che è un momento in cui i problemi legati al contagio sono ritornati con tutta la loro prepotenza e certe misure restrittive dovevano essere necessariamente prese, mi pare evidente che noi operatori del gaming siamo sempre i primi ad essere presi di mira quando ci sono da
applicare limitazioni, ridimensionamenti o blocchi. È ormai una consuetudine, anche se ancora non riusciamo a capire perché debba per forza essere così: in un panorama come questo, siamo molto meno pericolosi di una serie di attività che, invece, a differenza nostra, continuano a restare aperte. Forse in questo momento sarebbe stato effettivamente meglio applicare di nuovo un lockdown totale che avrebbe
dato un giro di vite drastico, ma sarebbe anche stato in grado di ridurre più velocemente il contagio. Oggi invece restano aperte le scuole fino alla prima media; i trasporti pubblici, che hanno avuto un ruolo chiave nel rinnalzamento della curva dei contagi, sono ridotti solo del 50%, ma è
evidente che ciò non è ancora sufficiente. Molte aziende, inoltre, sono ancora aperte e per loro natura i dipendenti lavorano comunque gomito a gomito. Noi rientriamo in una categorizzazione che ormai è estemporanea, a causa di un codice ATECO obsoleto risalente a svariati decenni fa, e non
più rappresentativo della nostra realtà e delle nostre sale. Sia che si parli del comma 7, sia che si parli del comma 6, la nostra realtà presenta rischi di fatto molto minori rispetto ad altre. A maggior ragione per il fatto che i clienti principali delle nostre sale sono le famiglie, che vivono nella propria
realtà circoscritta e sono i cosiddetti “congiunti” di cui il Governo ha tanto parlato come esempi delle eccezioni alle misure di sicurezza. Oltre a ciò, nelle nostre sale avevamo fin dal primo momento messo a punto tutti i protocolli del caso: sanificazioni, distanziamenti, pulizia e tutto ciò che è
stato stabilito per limitare il contagio. Ciononostante, già il primo Dpcm ha imposto la limitazione, che ora è diventata la chiusura, delle sale gioco”.
Questo secondo lockdown sarà fatale per molti?
“Già il primo è stato micidiale per l’economia di numerose aziende, sia del nostro settore che di molti altri. In particolar modo nel nostro esercizio, dove si stava iniziando a respirare un po’ più di ottimismo e a sperare di riprendere a lavorare e recuperare quanto lasciato indietro nel primo
lockdown, questa seconda ondata ci fa ripiombare nelle difficoltà e nello scoraggiamento della chiusura. Chi non era attrezzato, a livello finanziario e non, farà molta fatica a superare il periodo. Ci auguriamo ovviamente che gli aiuti della comunità e le quantità di denaro che verranno immesse
nell’indotto per rimettere in moto l’economia nazionale portino i benefici che ci attendiamo per una ripartenza efficace. Questo discorso ovviamente vale per noi, ma anche per tutto il Paese; speriamo tutta Italia, tutti i lavoratori e le famiglie italiane possano recuperare. Per noi, logicamente,
bisogna puntare a recuperare clientela e auspicando che, grazie all’immissione delle suddette risorse, la gente sia in grado di ritrovare il proprio potere di spesa”.
Alcuni fanno anche notare che le disposizioni su apparecchi
automatici da trattenimento non riguardano però quelli in
bar e tabaccherie, che possono così restare accesi…
“So che proprio in queste ultime ore questa disposizione è stata corretta… resta che la distinzione era a dir poco assurda: in una sala il controllo dei gestori è sicuramente migliore di quanto possano fare i bar, la cui attività principale è un’altra. Abbiamo già parlato dell’accanimento sul comparto
e questo semplice ragionamento ne è un’altra riprova. Oltre a ciò, se parliamo degli altri esercizi, risulta difficile da accettare che, in una situazione di lotta ad una malattia che attacca i polmoni, lo Stato permetta alle tabaccherie di continuare ad esercitare liberamente la professione. Un
fumatore è sicuramente più esposto a tutti i pericoli e alla letalità di questa malattia. Tuttavia sul business del tabacco, siccome porta soldi nelle casse dello Stato, ancora una volta si è ritenuto opportuno chiudere un occhio”.
Chiudiamo con il Decreto Ristori, approvato dal Consiglio dei Ministri in queste ore. Prevede aiuti economici per le realtà danneggiate dal Dpcm del 26 ottobre, come contributi a fondo perduto (per le sale del 200%), cancellazione della seconda rata Imu, stop ai contributi previdenziali… Lei cosa si aspetta? Saranno fatti o resteranno promesse?
“Come sempre ci auguriamo tutti che le promesse vengano mantenute e quanto ci viene garantito venga infine messo a nostra disposizione. Se dovessimo ricevere quanto dovuto con questo decreto, sarà una piccola mano in mezzo a problematiche molto più pressanti, ma ben venga ogni
forma di aiuto. Anche se, purtroppo è doveroso dirlo, siamo abituati a sentire la classe dirigente che si riempie la bocca di belle parole che alla fine non si rivelano veritiere. Siamo in un paese dove l’imprenditore è costretto a fare sempre buon viso a cattivo gioco, a portare a casa ciò che gli viene elemosinato dallo Stato. Sempre che arrivi qualcosa, altrimenti
come sempre è necessario rimboccarsi le maniche e farcela in autonomia. In un paese serio, con un Governo serio e una politica seria, le risorse per aiutare le imprese, che sono la base per la ripartenza del paese dopo una crisi, vanno sempre trovate. Mi auguro che stavolta sia la volta buona in cui una ripresa possa essere sostenuta in maniera efficace dalla classe politica”.