Prosegue la nostra intervista a Roberto Marai sul post-lockdown nel settore del gaming e amusement. La ripresa della attività come sta andando? Problemi nuovi che si sommano ai vecchi perennemente irrisolti?
Come si stanno dimostrando le famiglie che usavano portare i bambini nelle sale? Vengono? Rispettano le norme? Fanno domande? Vogliono rassicurazioni?
“L’intrattenimento è sempre comunque richiesto. Certo, i genitori sono in qualche modo restii ad esporre i propri figli a rischi di contagio e le sale
sono luoghi chiusi. È per questo che adeguarsi alle norme sanitarie è un requisito fondamentale per lanciare chiaro il messaggio che noi siamo sempre pronti a fornire il nostro servizio e a lavorare per il divertimento delle famiglie, come abbiamo sempre fatto, e non sarà la pandemia a farci perdere fiducia in ciò che facciamo. Le norme vengono per lo più rispettate dalla clientela; può capitare che talvolta si debba richiamare qualcuno all’utilizzo della mascherina o al mantenere il distanziamento sociale, e mi viene da sorridere pensando al fatto che i soggetti più inclini a bypassare le norme di base siano soprattutto gli adulti che accompagnano i bambini.
Di domande non ne riceviamo più di tante, perché è sufficiente adottare i protocolli che ho elencato per ribadire la propria serietà e la propria capacità di preservare la clientela dai rischi. Se il bambino può anche non fare caso a certi ‘dettagli’, il genitore che vede l’operatore di sala passare il disinfettante sulle macchine, indossare sempre la mascherina e richiamare
all’ordine chi devia dal comportamento corretto è subito tranquillizzato e rasserenato a dovere, e torna ad essere lo stesso genitore che ha da sempre
accompagnato il proprio figlio in quel locale, con la spensieratezza del caso”.
ll fatto che i tempi delle riaperture nelle Regioni non siano stati omogenei deve far riflettere?
“Purtroppo le discrepanze tra Regioni non sono una novità da noi in Italia. Siamo sempre stati soggetti alla decentralizzazione deliberativa, per cui le decisioni vengono affidate alle amministrazioni locali.
D’altra parte, se gli utili della tassazione vanno tutti in una direzione singola, e il ritorno a livello locale presenta incongruenze e disparità, il malcontento cresce. Ci vediamo praticamente negato un diritto
costituzionale fondamentale, il diritto al lavoro. E ciò avviene da parte di persone che invocano beni superiori come la salute pubblica, impedendoci da tre anni di esercitare la professione nelle ore notturne.
Se poi però si vanno a leggere i dati, si osserva che alla fine dei conti la spesa dei nostri giocatori non è cambiata, si è solo ridistribuita. Noi, con il nostro gioco legale – non mi stancherò mai di ripeterlo – siamo una tutela per lo Stato; ciononostante veniamo continuamente confinati in questa realtà di vassallaggio, demonizzati e utilizzati come capro espiatorio per ottenere consensi elettorali. È diventato quasi demenziale credere ancora nei diritti di impresa quando subiamo in continuazione le angherie di uno
Stato che non riesce nemmeno a capire quanto sia importante il nostro contributo per arginare il potere della criminalità organizzata: noi, semplicemente, indirizziamo la spesa del giocatore verso una realtà
controllata, ben definita e che contribuisce agli introiti dell’Erario. E siamo anche gli unici ad avere tutte le macchine in rete: tutto è tracciato e tutto
viene tassato; il nostro contributo in termini erariali è unico, siamo sicuramente tra i primi cinque settori a livello di contribuzione. È assurdo quanto ciò sia semplice, ma difficile da capire per quei pochi che ci governano”.
“Non lasciare mai che una crisi diventi un’opportunità sprecata” diceva Winston Churchill. La crisi generata dalla pandemia può rivelarsi un’opportunità?
Per quanto possa essere concorde con questa massima, direi che era forse meglio questa crisi nello specifico non si fosse presentata. Tutti, o quasi,
abbiamo avuto un amico o un parente che ha sofferto per il disagio che la pandemia ha causato, o per le persone che gli ha portato via. Comunque è
vero, in una situazione critica come quella che ci ha coinvolto in questo inizio 2020 si possono presentare opportunità. Ora però è un po’ presto per definirle, anche perché c’è la grande incognita dell’autunno
con la possibilità di un nuovo lockdown. Se ci saranno opportunità, di qualsiasi genere possano essere, noi saremo comunque sempre pronti a coglierle. Magari l’opportunità della condivisione degli sforzi e del passaggio di consegne, per uscire insieme dal momento difficile ed uscirne rafforzati, tanto per citarne uno. L’importante è rimanere sempre all’erta
ed essere pronti a prendere la palla al balzo.