Continuiamo a riflettere con Roberto Marai sull’open hearing di fine novembre su Amusement e nuove regole tecniche svoltosi online tra il direttore generale di Adm e rappresentanti delle principali associazioni di operatori di apparecchi amusement-only
C’è sintonia di intenti tra le varie associazioni intervenute nell’open hearing con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, o dal confronto online sono emerse differenze di vedute?
“Direi che tutto sommato c’è una convergenza generalizzata sul fatto che le macchine senza vincita in denaro siano macchine che si rivolgono a un pubblico diverso, specifico, e che quindi abbiano bisogno di normative dedicate e distinte. È anche altrettanto evidente che sia necessaria una serie di controlli, che trova d’accordo noi operatori che abbiamo sempre fatto di tutto perché il business seguisse una linea il più sicura e a norma possibile per noi stessi e per la nostra clientela. Siamo anche tutti in accordo sul fatto che le macchine in oggetto vadano piazzate in location apposite e funzionali, parlo ovviamente delle sale giochi e delle gallerie dei centri commerciali, locali dotati di licenza e adibiti ad operare. Non devono essere piazzate in location inadatte, come le sale scommesse, all’interno delle quali non avrebbero ragione di essere, ma nemmeno nei bar, dove non avrebbero mai una remuneratività soddisfacente a causa del bacino di utenza non adeguato”.
Parlando in modo specifico dei videogiochi di simulazione, tipo simulatori di guida, a cosa puntate? Procedure di omologazione diverse, connettività online per collegare apparecchi posti in sale diverse, magari anche in città e nazioni diverse, o cos’altro?
“Puntiamo soprattutto a questo. Il discorso sull’omologazione deve essere in grado di offrire una garanzia e sicurezza all’operatore, di cui beneficino il business in generale e il controllore del comparto. Le procedure di omologazione permettono di operare in chiarezza e trasparenza nei confronti del settore e del cliente finale, e sono necessarie per stralciare dal mestiere chi non si adatta agli standard di qualità e di sicurezza per tenere alto il livello dell’attività. Anche il collegamento in rete è uno dei punti sui quali stiamo spingendo. Una limitazione assurda per l’arcade, sulla quale tutti i nostri colleghi esteri, durante un confronto su questo punto, sono rimasti interdetti: fuori dall’Italia il collegamento online dei videogiochi in sala è non solo un accessorio, è praticamente una componente strutturale insita nel progetto originale di una macchina. Bisogna operare un definitivo distacco dai pregiudizi assurdi come questo. Il nostro intento è di portare l’online nell’arcade per offrire al nostro pubblico di sala la possibilità di vivere insieme in convivialità un’esperienza competitiva a 360 gradi, organizzare tornei e cimentare le proprie abilità con altri giocatori sparsi per il mondo. Lo possono fare sicuramente anche con i videogiochi a casa, ma siamo convinti che un’esperienza da sala sia in grado di offrire qualcosa di più dello stare relegati tra le pareti domestiche. Il gioco online senza vincita in denaro, come tale, necessita di una regolamentazione, che passa però innanzitutto dal permesso di connettere gli apparecchi ad Internet”.
E per le ticket redemption invece?
“Le macchine a ticket hanno più che mai bisogno di una regolamentazione definitiva, senza assurde limitazioni come quella dell’età, cosa che ad esempio a livello europeo non sussiste. Che senso ha vietare a un pubblico di minori l’utilizzo di un parco macchine studiato e realizzato appositamente per i più giovani? Quale sarebbe allora l’utilità del posizionarle nei nostri locali? Non possiamo continuare a subire la demagogia dei pochi che sono ancora, erroneamente, convinti che il nostro sia un mondo pericoloso. Stiamo da anni portando avanti uno studio, in collaborazione con l’università di Roma, che sta confermando la non sussistenza di una correlazione tra l’utilizzo delle ticket redemption in giovane età e lo sviluppo della ludopatia in età adulta. Sono macchine che permettono alle famiglie di divertirsi, di giocare insieme, ed è ora di prendere le distanze da questi pregiudizi che mi permetto di definire bigotti”.
Nuove norme potrebbero essere la premessa per un rilancio della produzione made in Italy, oltre che di una maggior offerta proveniente dall’estero?
“Indubbiamente, un miglioramento in termini di chiarezza e flessibilità può sicuramente dare la possibilità di operare in ambiti che al momento sono a noi preclusi. Se fossimo in grado di muoverci in un mercato più libero da vincoli burocratici e normativi, di certo si tratterebbe di un’opportunità da sfruttare, con la possibilità per costruttori e sviluppatori di cimentarsi nella realizzazione di qualcosa di nuovo e nostrano, di qualità, perché noi italiani abbiamo più volte dimostrato la nostra validità nel realizzare prodotti di gamma. Potrebbe solo apportare benefici alla nazione, sia in termini di immagine, sia in termini di miglioramento della situazione dell’export e dell’attivo della nostra bilancia commerciale. E oltre a ciò, concordo, anche l’offerta dall’estero ne uscirebbe ampliata: anche in periodi non troppo remoti ci siamo ritrovati impossibilitati ad importare e distribuire determinati prodotti a causa della normativa che ne impediva l’utilizzo sul territorio nazionale”.
Quali saranno i prossimi passi?
“A dire il vero non è stata stabilita una calendarizzazione precisa sul da farsi, ma ci auguriamo ovviamente che questa partenza, che ha segnato qualcosa di diverso per tutti noi, non resti un episodio isolato, ma con il tempo sia in grado di diventare la normalità. Da un interfacciamento continuo, genuino e costruttivo tra tutti gli operatori e lo Stato scaturirà il meglio per il futuro del business”.
Che riflessioni ha fatto a fine incontro? Siamo finalmente sulla buona strada per una riorganizzazione normativa del settore amusement?
“Se mi sento fiducioso lo devo quasi esclusivamente all’ottimismo che mi ha sempre contraddistinto, che noi operatori innamorati del settore abbiamo sempre portato come tratto distintivo e mostrato e dimostrato davanti ai periodi di avversità. Gli enti regolatori devono avere la stessa volontà di risolvere in maniera radicale e definitiva la questione. Siamo regolati da leggi che risalgono al periodo dell’anteguerra, che più ne viene procrastinata la revisione e più diventano obsolete e fuori da ogni attualità”.
C’è altro che vuole aggiungere?
“Sì, che siamo tutti ansiosi di avere finalmente una regolazione come si deve. Ciò che auspichiamo non è nulla di trascendentale; vorremmo semplicemente che, una volta tanto, il regolatore riuscisse a stabilire normative propedeutiche per aiutare questo settore a rinascere e diventare importante per la nazione. Siamo stanchi di vivere sempre la regolamentazione come qualcosa che altro non fa che limitare le nostre possibilità di crescita. Purtroppo, fino a quando le normative restano limitanti per chi opera nel settore, rimarremo bloccati in questo limbo di mediocrità, che frena lo sviluppo e la crescita e limita e scoraggia l’iniziativa. Il supporto delle attività che devono contribuire alla crescita e allo sviluppo di settori e mercati è un concetto che definire elementare è riduttivo, anche se chi ci governa pare fatichi a capirlo. Speriamo quest’apertura e questo dialogo siano l’occasione giusta per dare una svolta a questo rapporto che è sempre per noi stato un po’ problematico”.