Riflessioni di fine anno con Roberto Marai

In chiusura d’anno non possiamo non chiederle alcune considerazioni sull’andamento dell’amusement nel 2019. Più gioie o più dolori?
“Purtroppo il 2019 non è stato un anno semplice. In particolare, noi operatori di apparecchi amusement- only siamo stati messi in grossa difficoltà dalle problematiche relative ad alcune regioni italiane che hanno vietato l’uso delle ticket redemption ai minori o mosso passi in quella direzione. È una limitazione che ha fortemente segnato il 2019: gli investitori, scoraggiati dal clima di incertezza che si è venuto a creare, si sono trattenuti dall’impiegare risorse in tale ambito. Oltretutto si tratta di una questione che non ha ancora trovato una soluzione: ci auguriamo che l’anno nuovo possa sciogliere questo nodo, che è di vitale importanza per il nostro settore. L’unico risvolto positivo dell’intera faccenda, se così vogliamo definirlo, è che il comparto videogiochi ha in qualche modo beneficiato della limitazione posta alle macchine a ticket: i gestori di sale giochi e centri di intrattenimento, vista la necessità di rinnovare le proprie location, hanno aumentato gli investimenti negli apparecchi comma 7C. Le novità di quest’anno nel settore dei videogame arcade sono state dunque in grado di dare un contributo un po’ più sostanzioso al mercato dell’amusement”.

Vuole spiegare meglio perché è così fondamentale la questione delle ticket redemption?
“Lo è per l’importanza storica che questi apparecchi hanno sempre rivestito per i bilanci delle sale italiane. Il fatto di non poterli utilizzare in maniera regolare e priva di rischi compromette seriamente la sopravvivenza di sale giochi e centri di intrattenimento. Emblematica è stata in questo senso l’intransigenza dell’Emilia-Romagna, con risultati che abbiamo sperimentato sulla nostra pelle. Fortunatamente, in alcuni frangenti l’aggravarsi dei nostri disagi è stato recepito da chi di competenza, anche e soprattutto grazie all’intervento di mediazione da parte delle associazioni New ASGI, FEE e SAPAR. In certi casi sono riuscite nell’intento di sensibilizzare sulla difficile situazione che stiamo vivendo, ottenendo qualche miglioramento e ripensamento da parte dei legislatori regionali – per esempio, in Veneto – che hanno così mitigato la gravosità dei provvedimenti burocratici. Resta comunque purtroppo il fatto che siamo ancora lontani dall’avere una soluzione concreta ed efficace al problema”.

Oltre alla questione delle ticket redemption, quali sono oggi per voi operatori del gioco legale i grandi motivi di disappunto, quegli stessi che probabilmente hanno portato SAPAR a manifestare in questi giorni in Piazza Montecitorio (peraltro, per loro stessa ammissione, senza alcun barlume di risultato)?
“Scendere in piazza è diventato necessario, in quanto è impellente fare comprendere alla maggior parte delle persone che la demonizzazione a priori del gioco, oggi così comune, è frutto di una valutazione pregiudizievole e scriteriata. Quanto viene invece operato sul territorio nei canoni della legalità è di fondamentale importanza, in quanto l’attività del gioco regolamentato si configura anche come mezzo di contrasto a tutto quanto non è a norma di legge. Devo a malincuore constatare che il dilagare del gioco illegale non viene adeguatamente arginato dalle forze dell’ordine, le quali non appaiono in grado di mettere in atto operazioni di controllo assidue ed efficaci per debellare il fenomeno. È giusto fare sentire la propria voce, anche perché l’operatore che fa del gioco il proprio mestiere in maniera corretta e trasparente, non ha ragione di essere vessato con tributi sempre più gravosi, come se ciò permettesse di risolvere tutti i problemi di cassa anche all’infuori del nostro ambito. Governo e Parlamento sono in un certo senso fuorviati dal fatto che ormai è diventato fin troppo semplice, quasi un automatismo, venire a privare il nostro settore di risorse economiche attraverso forme di tassazione sempre più assurde, per tentare di sopperire alle carenze che regolarmente si presentano nelle casse statali. Non bisogna dimenticare che ancor prima che questo giogo fiscale assumesse le dimensioni opprimenti di oggi, il nostro mercato domestico era già uno dei più tassati a livello europeo: che senso ha che noi italiani, membri di spicco di una comunità internazionale di stati, siamo comunque più tassati rispetto ai nostri colleghi europei? Come può un’amministrazione statale limitarsi a credere che il mezzo più efficace per contrastare il fenomeno della ludopatia sia sovraccaricare di imposte le slot e le Vlt legali e regolamentate? Non può trattarsi, a mio parere, di una semplice ristrettezza di vedute: è piuttosto una spudorata forma di convenienza, perché tassare il settore del gioco è più semplice, più popolare e incontra più facilmente consensi. È un atteggiamento che viene adottato con una frequenza disarmante e che rispecchia l’ipocrisia di un Governo il cui operato incoerente e insensato ci fa quasi provare sdegno di essere da esso rappresentati. Gli operatori seri e responsabili di questo settore si meriterebbero di essere sostenuti anziché limitati! Prima di intervenire e legiferare sul gioco legale, sarebbe opportuno che ci si armasse contro la branca del gioco illegale e si tentasse con ogni mezzo di estirpare quella che è una vera e propria piaga sociale”.

Veniamo ora alle ‘gioie’. Per lei quali sono state?
“A livello concreto, in tutta sincerità quest’anno non ha portato grandi motivi di gioia. Facendo però le dovute considerazioni, non posso che ritenermi soddisfatto dell’impegno profuso da tutti i miei collaboratori e del livello di professionalità raggiunto dalla mia azienda. Mi dà gioia anche la consapevolezza di essere pronto con il mio staff a recepire e sfruttare al meglio le opportunità di crescita che ci potranno essere con un auspicato miglioramento delle situazioni attuali del mercato italiano. Purtroppo, nel corso degli anni, molti tra noi operatori dell’amusement hanno sofferto il peso insostenibile delle pressioni fiscali e normative, che hanno innalzato enormemente gli standard di sopravvivenza nel settore. Le realtà meno solide, dal punto di vista sia della preparazione sia della copertura finanziaria, non hanno potuto fare altro che soccombere e sparire dalla scena. È diventata una vera e propria guerra: siamo ormai costretti a combattere, giorno per giorno, per mantenere quantomeno accettabile il livello dei nostri bilanci e conseguire qualche forma di risultato positivo. E devo dire che in una realtà così difficoltosa, arrancante, che richiede questi livelli di impegno, sacrificio e dedizione, per certi versi mi sento quasi un eroe”.

Vuole rivolgere un augurio ai lettori che la seguono in questa rubrica?
“Auguro a tutti un felice e sereno 2020, con l’invito a non mollare mai e a mantenere sempre alto il livello di ottimismo. Quell’ottimismo che trasmette le energie necessarie per affrontare quotidianamente il proprio lavoro. Quell’ottimismo che consente di approcciarsi sempre nella maniera più positiva alle dinamiche settoriali. Quell’ottimismo che permette di portare in azienda lo spirito giusto per infondere, giorno dopo giorno anche nei propri collaboratori, passione per la propria attività. Quell’ottimismo che ci permette di mantenere viva la speranza che, con l’anno a venire, gli sforzi profusi da chi si sta battendo per noi e per dare una svolta alla legislazione del nostro settore possano essere finalmente riconosciuti. Il nostro massimo sostegno dunque a FEE, SAPAR e New ASGI, che stanno lottando duramente per difendere quello che per noi che ci siamo nati e che ci abbiamo costruito una vita, resta sempre e comunque il lavoro più bello del mondo”.