Investire in realtà virtuale quanto costa? E soprattutto paga? Ci risponde Roberto Marai
Parliamo di realtà virtuale. Anni fa questa tecnologia applicata al settore entertainment si rivelò un fuoco di paglia. Parlando in termini globali, i tempi sembrano essere cambiati ora, che dice?
“Rispetto al passato, c’è stato sicuramente un miglioramento di questa tecnologia, anche in termini di attrattività nel senso che oggi il mercato offre prodotti in grado di coinvolgere in maniera più completa chi si rivolge a questo tipo di esperienze. Bisogna fare però una buona distinzione perché non tutti offrono la stessa qualità e resta il fatto che a mio avviso quelle di RV sono ancora macchine difficili da ammortare per qualsiasi sala e soprattutto per le medio-piccole”.
Nel mondo, anche in Europa, cominciano a esserci VR park e VR arcade. In Italia è una nostra impressione o siamo ancora indietro?
“No, sono d’accordo anch’io. Globalmente si stanno espandendo in fretta. Io ho avuto la possibilità di visitarne anche di molto importanti per il numero di attrazioni installate ed è stata una bella esperienza. Sarebbe bello poterne avere anche in Italia, però ad oggi il nostro mercato non ha grandi punti di aggregazione in cui poter pensare di inserire un investimento con 10-15-20 attrazioni VR diverse una dall’altra. Sarebbe fattibile, forse, solo in qualche metropoli italiana, ma anche in quel caso per ammortare le spese si dovrebbe poi contare anche su altre forme di attrazione e di incasso. La realtà virtuale, ad oggi, è un esperimento che prevede esborsi importanti non da tutti e poi la legislazione italiana è penalizzante nel senso che pone ancora tanti ostacoli che limitano diverse forme di intrattenimento”.
Lei, con la sua Faro Games, nel 2018 ha portato in Italia il primo apparecchio coin-op di realtà virtuale: Virtual Rabbids: The Big Ride. Sia sincero, come è stato recepito dagli operatori italiani?
“Virtual Rabbids, come anche Overtake VR che abbiamo lanciato a marzo a RAS sono macchine che abbiamo importato, proposto e piazzato per vedere che tipo di risposta poteva dare il mercato italiano e questi esperimenti non fanno altro che avvalorare quello che le dicevo prima. Anche in una sala importante ammortare macchine di quel tipo, anche una sola, ha dei costi decisamente importanti, non è così semplice ed automatico. Quello che ho però potuto sperimentare sulla mia pelle è che tutte le volte che in una location ho fatto degli investimenti (la macchina virtuale più innovativa, il simulatore di guida più costoso o le macchine redemption più originali) tutta la sala a 360° ha poi avuto delle reddittività superiori alla media e alle aspettative. Più incassi derivanti, badi bene, non esclusivamente dal singolo prodotto, tipo la realtà virtuale o il simulatore particolarmente costoso. È la proposta cumulativa di gioco e di innovazione di una sala in cui investimenti e novità vengono mantenuti costanti che porta il pubblico a frequentare quel locale più di altri posti perché là “c’è sempre qualcosa di nuovo”. Nel nostro settore questo è un concetto importante e fondamentalmente anche remunerativo”.
In conclusione, a chi consiglierebbe la realtà virtuale?
“All’operatore che ha un po’ di propensione al rischio ed è pronto a investire parecchio più dei suoi colleghi. Posso dirgli che dalla realtà virtuale otterrà un buon risultato economico. Non dovrà però focalizzarsi sul ricavo di ogni singola macchina – è probabile non riuscirà ad incassare a sufficienza per ammortare velocemente macchine costose come quelle di RV – ma sul fatto che nel tempo l’esser propositivo e innovativo lo potrà ripagare per il 15, anche 30% degli investimenti fatti e, cosa forse ancor più importante, gli porterà molti benefici in termini di presenze, permanenza in sala, consumazioni e ritorno di immagine”.